“Il dono di Thot: leggere l’antico Egitto”

Dal geroglifico al copto, dallo ieratico al demotico: è la scrittura dell’antico Egitto, nelle sue varianti
ed evoluzioni, la protagonista della mostra “Il dono di Thot: leggere l’antico Egitto”, che debutta al
Museo Egizio il 7 dicembre, nei nuovi spazi del Museo. Si tratta di 500 metri quadrati, distribuiti tra
piano terreno e ipogeo, concessi dall’Accademia delle Scienze di Torino al Museo Egizio, dopo
un’opera di restauro, sostenuta dalla Fondazione Compagnia di San Paolo.
Curata da Paolo Marini, Federico Poole e Susanne Töpfer, egittologi del Museo Egizio, la mostra è
frutto di un progetto scientifico ideato dal direttore del Museo, Christian Greco ed è sostenuta dalla
Consulta per la Valorizzazione dei Beni Artistici e Culturali di Torino.
Sono 170 i reperti in esposizione, tutti provenienti dalle Collezioni del Museo Egizio, ad eccezione
delle tavolette cuneiformi provenienti dai Musei Reali di Torino.
Se il focus dell’esposizione è rappresentato dai segni e dai testi, in mostra non ci sono solo papiri, ma
anche capolavori della statuaria, oggetti in alabastro e statuine lignee, a testimonianza di quella
cultura materiale attraverso cui egittologi e storici hanno ricostruito la biografia non solo degli
oggetti, ma dell’intera civiltà nilotica.

“Il Museo Egizio ha intrapreso un percorso di innovazione e cambiamento, in vista del bicentenario che
celebreremo nell’autunno del 2024. Uno degli elementi tangibili di questo nuovo corso è la mostra ‘Il
dono di Thot: leggere l’antico Egitto’, con cui offriamo ai visitatori nuovi spazi espositivi, grazie al
mecenatismo attento di Consulta di Torino, al sostegno di Compagnia di San Paolo e alla proficua
collaborazione con Accademia delle Scienze. La mostra rappresenta solo un antipasto di un nuovo
allestimento che dedicheremo ai geroglifici e alle diverse scritture dell’antico Egitto, che saranno
protagonisti in futuro di una sala a loro dedicata”
, ha dichiarato Evelina Christillin, presidente del
Museo Egizio.
Fin dagli esordi gli antichi testi egizi ebbero una forte componente figurativa e la scrittura, a cavallo
tra tecnica e arte, è giunta a noi anche incisa su grossi blocchi di pietra o statue dei faraoni, assumendo
così connotati monumentali e celebrativi. È il caso del Cartiglio in calcare, datato tra il 1353 e il 1336
a.C., che apre l’esposizione. Scolpito su un gigantesco blocco, il geroglifico assume una valenza quasi
sacra e il nome della divinità Aten, riportato nel cartiglio, attraversa i millenni per arrivare intatto
fino ai giorni nostri.
Da sistema per etichettare le merci e amministrare il paese a strumento sacro e magico, che tramanda
formule, rituali e legittima il potere regale: la scrittura nei millenni si evolve e i testi diventano custodi
della memoria. È il caso del Papiro dei Re, l’unica lista reale d’epoca faraonica scritta a mano su papiro
che sia giunta fino a noi, recentemente restaurata grazie al contributo degli Scarabei, o del Papiro
della Congiura, un testo quasi di cronaca giudiziaria, che ricostruisce l’attentato a Ramesse III, un
papiro di oltre 5 metri di lunghezza che torna in esposizione all’Egizio dopo sette anni, proprio in
occasione della mostra “Il dono di Thot: leggere l’antico Egitto”.
La storia dei geroglifici si snoda attraverso tremila anni e affonda le proprie radici nel mito. La
scrittura arrivò agli uomini come dono divino: secondo il mito, infatti, fu il dio Thot, con il corpo di
uomo e la testa di Ibis, a idearla e a donarla agli uomini, divenendo patrono della conoscenza e degli
scribi. Un mito questo tramandato fino alla cultura greca e riportato anche da Platone nel “Fedro”. E
proprio da qui parte la mostra “Il dono di Thot: leggere l’antico Egitto” per poi ripercorre l’evoluzione
della lingua egizia e dei diversi tipi di scrittura, dalle primissime iscrizioni del 3200 a. C. ai testi

letterari intorno al 2700 a. C., una panoramica che racconta molto della società e del pensiero
dell’antico Egitto.
“Il pensiero egizio oscillava continuamente fra una razionalità astratta ed un empirismo naturale. Forse
nulla come il geroglifico dà ragione di questa tensione, che vogliamo far scoprire al visitatore.
Rivestendo contemporaneamente il ruolo di grafema e simbolo, il geroglifico ci restituisce un doppio
significato fonologico ed iconografico e si trova quindi ad assumere due funzioni distinte: quella
linguistica e quella semiotica. Testo ed immagine sono reciprocamente complementari e ci permettono
di avvicinarci alla comprensione di quattromila anni di storia dell’Antico Egitto. Come e perché si è
sviluppata la scrittura, che ruolo ha avuto nella formazione dello Stato in tutte le sue articolazioni, come
ha favorito il discorso religioso e la complessa cosmografia funeraria? Sono alcuni degli interrogativi a
cui cerchiamo di dare risposta, con rigore scientifico, e allo stesso tempo cercando di interessare e
appassionare visitatori di tutte le età”,
ha dichiarato Christian Greco, direttore del Museo Egizio.
I geroglifici sono sopravvissuti fino al 500 d.C. circa, insieme allo ieratico, la cosiddetta versione
corsiva del geroglifico, che fu soppiantata dal demotico, come scrittura della vita quotidiana, nel VII
secolo a.C.
Non è un caso che questa indagine all’origine della scrittura e delle fonti scritte dell’antico Egitto
prenda forma all’Egizio proprio nel 2022: quest’anno ricorre, infatti, il bicentenario della
decifrazione dei geroglifici da parte di Jean-François Champollion, evento che diede i natali
all’Egittologia. Il percorso che ha permesso di arrivare alla comprensione della scrittura geroglifica
in epoca moderna è uno dei temi indagati dall’esposizione.
In occasione dell’apertura della mostra e delle festività dell’Immacolata, dal 8 al 10 dicembre il Museo
Egizio osserverà un orario speciale di apertura dalle 9 alle 21. La mostra sarà visitabile fino al
7 settembre 2023.

Ufficio stampa della Fondazione Museo delle Antichità Egizie di Torino
Sabina Prestipino
+39.011.5617776 -+39. 340.7282365
press@museoegizio.it

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